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Mediterraneo origini storiche della Marina

a cura di Alessandro BELLOTTO

 

 

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Ammiraglio Giorgio Des Geneys

     

     Vale la pena, io credo, di parlare un pò di questo personaggio quanto mai intelligente ardito e appassionato del mare, la cui statura di gentiluomo e di ufficiale di marina hanno  saputo dare lustro alla sua professione e alla istituzione alla quale è stato legato per tutta la vita. Giorgio Des Geneys nacque a Chiomonte il 29 Aprile del 1761, il padre Giovanni Agnes Des Geneys, a soli 12 anni lo avviò alla carriera militare arruolandolo come guardiamarina di 2^ classe nella Regia Marina Sarda. E' curioso il sapere che la sua prima paga da imbarcato a bordo della fregata  "San Carlo" da 32 cannoni, fu di 13 lire e 18 soldi piemontesi, corrispondenti più o meno agli attuali 100 euro. Più tardi nel 1776 ancora quindicenne, fu successivamente imbarcato come 2° ufficiale su di un Cutter, lo "Spenditivo", dove ebbe il battesimo del fuoco in un'azione contro i pirati tunisini. Nel 1778, oramai diciassettenne, fu promosso guardiamarina di 1° grado, questo comportò anche un aumento della paga che passò a 351 lire piemontesi all'anno con l'aggiunta di 30 soldi giornalieri per "trattamento tavola". Negli anni che seguirono il Des Geneys ebbe un nuovo incarico e nuova destinazione a bordo della fregata "San Vittorio" dove compì altre incursioni contro i pirati barbareschi distinguendosi nelle azioni di abbordaggio. Finalmente, nel 1783, a soli ventitre anni,  venne promosso luogotenente di fanteria e gli fu affidato il comando della mezza-galera "Beata Margherita" e  inviato a dar manforte nella caccia ai pirati nordafricani che infestavano le coste della Sardegna. Nel 1789 lo ritroviamo a Cagliari, a fianco del vicere Thaon di Revel marchese di Sant'Andrea, con la qualifica di Aiutante di Campo. Fu il primo importante incarico che lo portò al contatto con delle responsabilità sempre maggiori che lo forgiarono ulteriormente e dove dimostrò le sue doti di organizzatore. Allo scoppio della guerra Franco-Piemontese, Des Geneys si trova a Nizza a bordo della "San Vittorio" nelle vesti di secondo in comando col grado di capitano sotto il comandante Ross,  e quando la piazza cadde nelle mani dei francesi, il "San Vittorio" fu l'unica nave che riuscì a sfuggire all'accerchiamento. In quel frangente, in qualità di subalterno, non riuscì a convincere il suo comandante ad effettuare immediatamente delle sortite in Atlantico per condurvi delle azioni contro il naviglio Francese. Quest'ultimo preferì internare la nave nel porto neutrale di Genova, e in tal senso designò il Des Geneys a occuparsi delle pratiche del disarmo della nave stessa. Veramente questa fu una conseguenza derivante dal fatto che il porto, in un certo qual senso, era presidiato dalle navi francesi, al ché Torino, per non incorrere in potenziali rischi, ingiunse a Ross tale soluzione, inviando lo stesso e il restante equipaggio a combattere sul fronte delle Alpi Marittime a sostegno delle truppe del re sotto le direttive del Conte Thaon di Sant'Andrea. Solo dopo l'entrata in guerra degli inglesi la "San Vittorio" sarà riarmata, sempre ad opera dello stesso Des Geneys, e si unirà alla coalizione partecipando a molte azioni, l'ultima delle quali in difesa di Tolone, che era  rimasta ancora legata alle antiche istituzioni, e per timore dei nuovi rivoluzionari, aperse il porto alla coalizione anglo-spagnola e napoletana che, loro malgrado e senza colpo ferire, si trovarono padroni di un  notevole deterrente navale composto da 31 vascelli e 16 fregate. Alla spartizione del bottino partecipò anche il Piemonte, che riuscì ad ottenere, grazie all'intervento diplomatico del Des Geneys nel trattare con la rapacità delle autorità anglo-spagnole, una delle fregate francesi, "l'Alceste", cosicché l'intero equipaggio si trasferì sulla nuova unita, preda di guerra, in luogo della oramai vetusta, "San Vittorio".  Sfortunatamente in quelle circostanze mentre la vecchia nave si trovava nel porto, sotto l'incalzare dei repubblicani  che assediavano la città, fu data alle fiamme mentre l'intero equipaggio riuscì a mettersi in salvo salpando a bordo della nuova unità.

   In merito al cambio di unità, bisogna doverosamente segnalare l'impegno, di cui ne ebbe parte il Des Geneys, nell'adattare la nuova nave alle abitudini marinare della Marina Sarda, secondo cui, da  tempo, si erano oramai allineati i marinai sardi a similitudine delle attrezzature e dei regolamenti all'inglese, ivi comprese le sistemazioni logistiche sottocoperta. 

   "l'Alceste", tempo dopo, altrettanto sfortunatamente, fu coinvolta in un durissimo combattimento con una squadra francese composta da 7 vascelli di primo rango, 6 fregate, 2 brigantini e fu costretta alla resa. Il comandante Ross e Des Geneys a seguito della battaglia finirono prigionieri. A tal proposito nell'opera di Emilio Prasca, storico e fedele ricostruttore della vita del grande Ammiraglio, sono riportate alcune note sulla prigionia del Des Geneys, sulle quali viene riportata la data esatta in cui fu fatto prigioniero, l'8 Giugno del 1894 alle ore 07.00 pm. tra Capo Corso e Frejus, dopo uno scontro durato quattro-cinque ore, sostenuto contro le fregate "Junon" e ""Biudeuse" rispettivamente da 40 e 36 cannoni appoggiate in alternativa dal vascello "Tonnant" da 80 cannoni. La maggior soddisfazione che ebbe a riportare nelle sue memorie, il Des Geneys, anche a detta dei medesimi francesi, fu quella di aver ridotto in condizioni quanto mai disastrose la fregata francese "Boudeuse". Ebbe inizio così il tormentato periodo della prigionia e, caso volle, che in quelle stesse  circostanze incontrò il fratello Matteo, futuro Ministro della guerra sotto Carlo Felice e Carlo Alberto. Tornato in libertà nell'Agosto del 1795, il trentacinquenne Des Geneys, si prodigava al fine di rientrare nei ranghi così, una volta riammesso in servizio,  nel 1798, lo ritroviamo col grado di Maggiore nelle vesti di governatore in difesa di Onelia attaccata dalla Repubblica Genovese. Già in precedenza alcune fazioni di politici piemontesi fuoriusciti dallo stato e in combutta con la nuova  repubblica Cisalpina, cercavano di scagliarsi in qualche modo contro quel sito per minare l'indipendenza del Piemonte, ma con scarso successo, ed ora, anche Genova rinnovava il suo attacco. Ma ad attenderli vi trovarono il Des Geneys che, contrariamente a quanto si aspettavano gli aggressori, invece di asserragliarsi in difesa dove la probabilità di riuscita non sarebbero state altrettanto efficaci, egli decise di sorprendere  i  genovesi attaccandoli ripetutamente ai fianchi con piccoli gruppi, in questo modo scompaginò a tal punto i loro piani che, presi alla sprovvista, scapparono lasciando sul campo molti pezzi delle loro artiglierie, moschetti e molti prigionieri. A ciò fecero  seguito le lodi che lo stesso Des Geneus intessè nei confronti dei suoi ufficiali subalterni,  nel rendere anche a loro il giusto merito della vittoria. Fu un'impresa degna di nota, purtroppo con la vittoria di Napoleone a Marengo capitolò anche Onelia così, nel 1799, il re fu costretto a rifugiarsi in Sardegna e Des Geneys lo seguì nel suo esilio forzato.

   Or bene, oltre a tali difficili sventure il re, appena giunto a Cagliari, dovette occuparsi con urgenza del gravoso problema della difesa marittima del territorio, e ad assolvere tale compito vi designò il Des Geneys che nominò Comandante in capo della piccola Marina Sarda. Investito della nuova autorità, egli si pose al comando della galera "Santa-Teresa", e con la sua squadra si dedicò con dovizia a combattere le orde barbaresche. La "Santa Teresa" già preda di guerra in mano agli Inglesi fu ceduta al piccolo regno, previo il pagamento di una somma ritenuta quanto mai esosa, ben 105.000 lire piemontesi pari a 126.000 lire italiane al valore d'epoca. Bisogna peraltro sottolineare il fatto che, a quei tempi, era una prassi normale se non un diritto ad avere parte dei benefici economici da una eventuale vendita di naviglio. Va detto ancora che si trattava di una imbarcazione di nuova costruzione composta da 52 remi, due cannoni in bronzo da 36 Lb. più numerose altre artiglierie. 

   Furono anni non facili per la squadretta di Des Geneys, il doversi districare tra gli impegni di liberare le coste dai pirati e il dover assecondare, per quanto possibile, anche se indipendentemente e indirettamente alle richieste di Nelson, secondo cui, lo avrebbe voluto sotto il suo comando. Fortunatamente il re non appoggiò tale richiesta  e infatti, nell'Agosto del 1804, Des Geneys, vista anche la costante presenza della flotta inglese nelle acque dell'Arcipelago, lasciò le isole dei carruggi per ispezionare la costa sarda e ivi fece ritorno nel settembre successivo con delle prede ambite di legni tunisini. Ma le amarezze per lui dovevano continuare giacché per motivi di economia fu costretto a disarmare le sue navi. Furono anni duri sia per lui che per La Maddalena, che dopo la definitiva partenza della flotta inglese visse anni di difficile economia. Dopo il trionfo della flotta inglese su quella francese nelle acque di Trafalgar, che mise fine alle mire di invasione messe a punto da Napoleone nei confronti dell'Inghilterra, quest'ultimo si dedicò ancor più accanitamente a condurre la sua campagna terrestre e con la strepitosa vittoria ottenuta ad Austerlitz, fece sì che il re di Sardegna, rifugiatosi nel frattempo presso la corte di Napoli, fu costretto a rientrare in Sardegna. Re Vittorio si dedicò a risollevare, per quanto le sue economie lo permettessero, le sorti di quello che rimaneva del suo piccolo stato, dall'agricoltura all'industria e a riattivare le forze di difesa interna e quelle del regio naviglio sempre sotto la guida del Des Geneys, disponendo inoltre che per sei mesi l'anno fossero mantenute in servizio la galera, le due mezze galere ed un alcione mentre, per gli altri sei mesi, una sola mezza galera e due gondole. Furono anni difficili per il Des Geneys sopratutto per quanto riguarda le continue incursioni barbaresche sempre in agguato. 

   Sempre in quegli anni, giusto perché le cose di per se non andassero già male, successe un'altro fatto che per quanto poco sconvolse l'economia sarda...Napoleone impose una sorta di embargo nei confronti della Sardegna. Proibì qualsiasi traffico commerciale da parte delle navi sarde da e verso il continente. L'isola venne così a trovarsi in una sorte di isolamento nei confronti dei porti del mediterraneo affiliati alla Francia. La risposta di re Vittorio fu a sua volta quella di interdire i propri approdi alle nevi francesi. Quest'ultima parentesi storica infatti, altro non serve che a sottolineare l'audacia e l'arguzia che dimostrò il Des Geneys nell'adempiere a tale incarico, svolto altresì con mirabile regolarità, e a delineare l'abnegazione e l'ardimento del suo manipolo di marinai.  

   Nel 1811, vede ancora il Des Geneys riconfermato quale Comandante della piccola flotta sarda col la nomina a Contrammiraglio e, malgrado le scarse finanze messe a sua disposizione, sotto la su giuda attenta e organizzatrice, Des Geneys ne incrementò le forze e aumentò gli organici. In una nota dell'epoca, scritta dallo stesso Ammiraglio, vengono riportati i dati sull'esatta consistenza del regio naviglio, la suddivisione tabellare e il bilancio delle spese relativo allo stesso anno e, per gli appassionati di statistiche, sarà interessante osservarne il suo insieme sull'apposita tabella. 

    Dopo la caduta di Napoleone vi fu la restaurazione e il Congresso di Vienna del 1814 decretò l'annessione della Liguria al Piemonte, (nota geografica) gioco forza e in virtù dei suoi meriti, Des Geneys, venne promosso Ammiraglio e come tale assunse anche l'incarico di Governatore di Genova, pur continuando a mantenere il suo precedente incarico di comandante della flotta e, forte di una nuova economia ed una altrettanto oculata amministrazione, da esperto marinaio quale era, pur se oramai  cinquantenne, egli seppe dare un impulso notevole alla forza di difesa marinara, dedicandosi con lungimiranza alla restaurazione se non alla creazione di una nuova Marina Sarda.  Acquistò da prima un brigantino inglese che subito trasformò in una nave da guerra armandola con 14  cannoni, gli cambiò nome da "Cherbrook" e la ribattezzò "Zefiro" che, per quanto, fu la prima nave moderna che la Marina Sabauda poteva vantare.  Grazie ad un attento lavoro di convincimento riuscì nel suo ascendente ad indurre la Camera di Commercio ad accollarsi le spese per la costruzione di due fregate: la "Commercio di Genova" e la "Maria Teresa" da 64 cannoni. Sempre riferendoci ai suoi meriti di economista delle regie finanze riuscì a mettere in cantiere la fregata "Maria Cristina" da 44 cannoni, la corvetta "Tritone" da 22 cannoni, il brigantino "Nereide" da 14 cannoni, alcune altre golette ed altre imbarcazioni ad uso di cannoniere. Non va ignorato inoltre che a questa nuova flotta egli fece assegnare anche alcune mezze-galere poiché, anche se pur tecnicamente superate, erano quanto mai adatte ad inseguire le veloci feluche dei pirati. Altro aspetto che va degnamente sottolineato, è il fatto che nell'esercizio delle sue funzioni l'Ammiraglio Des Geneys seppe avvalersi di uomini capaci quanto abili, come il maestro d'ascia Cav. Biga, veneziano di nascita, che si dimostrò un'eccellente costruttore di navi. 

   Un'altra innovazione di importanza storica che egli istituì nell'Ottobre 1815, fu la Regia scuola che avrebbe curato la preparazione degli Ufficiali di Marina. Una pietra miliare su cui si fondano le radici della  attuale Accademia Navale di Livorno. Ma oltre a ciò, pian piano egli si adoperò intessendo una organizzazione quanto mai sempre più capillare che rendeva più confacente e stabile l'intera funzionalità della macchina militare marittima e commerciale, ivi compresa una Direzione Generale dell'Arsenale militare e dei vari servizi ausiliari come la Sanità e la Direzione per i servizi militari, che determinò le basi per la distinzione delle gerarchie e le diverse categorie del personale, compresa  la ricostituzione dell'antico Corpo dell'Artiglieria di Marina. 

     Ma il 1915 oltre a segnare un anno di transizioni politiche e diplomatiche che videro l'Ammiraglio impegnato in numerosi cerimoniali, primo fra i quali vi fu il ricevimento a Cagliari di sua maestà la Regina Maria Teresa, in transito dal Ducato di Genova, poiché ella si accingeva a raggiungere il consorte alla corte di Torino. Forse non a tutti è dato di sapere quale fosse l'alterigia del suo carattere, che quest'ultima manifestava attraverso un dispotismo quanto mai assoluto e che sottolineava quanto di più vero e confacente vi fosse nelle sue arie di gran dama, date le sue origini imperiali. E fu proprio a causa del suo carattere impossibile, che durante lo svolgersi si alcune manifestazioni di quell'anno, si verificarono alcuni dissidi tra la di Lei Regina e il fedele uomo di mare. Infatti il Des Geneys fu mira di alcune lagnanze poste in essere dalla sovrana... accuse riferite a motivi di servizio, peraltro infondate, sobillate da parte di qualche cortigiano o da qualche millantatore che non vedeva di buon occhio l'Ammiraglio; sta di fatto che egli non poté che dimostrarsene profondamente amareggiato e, col giusto garbo che da sempre lo contraddistinse, egli  seppe sicuramente trovare il modo di controbattere, pur mantenendo la controversia entro i termini del dovuto. Il punto contestato era il fatto che le navi provenienti da Genova recanti i rifornimenti di grano, prima di giungere a Cagliari dovevano attraccare a La Maddalena. In realtà ciò era dovuto a motivi di ordine ufficiale, indispensabili a mantenere i necessari rapporti tra Genova e le due basi della Sardegna. Secondo alcune  controverse, la Regina arrivò persino a contestare all'Ammiraglio alcuni guadagni illeciti derivati da intrallazzi con la vicina Corsica. Addirittura paventò che a La Maddalena venisse scaricato molto più grano che non a Cagliari. Ovviamente, più tardi,  ella non ammise mai di aver sbagliato, pur riconoscendo i meriti nei confronti dell'Ammiraglio, nell'aver saputo creare in quel sito una sicura base militare, degna di rispetto e per la stessa sicurezza del Regno. 

   Ma ahimé, per Des Geneys, le amarezze non erano ancora finite. Per ironia della sorte, dopo l'insediamento della casa Sabauda in quel di Genova, nonostante le proteste, i genovesi dovettero rassegnarsi e sottostare quali nuovi sudditi della corona e, nonostante il pacato interagire dell'Ammiraglio nell'esercizio delle sue funzioni fosse tali da accattivarsi le loro simpatie, i rancori tardavano ad assopirsi. Tuttavia la coesistenza proseguì serena sino allo scoppiare dei moti politico militari piemontesi del 1821, che coinvolsero un pò tutti i centri nevralgici nei domini di Re Vittorio Emanuele I°  e intesi ad ottenere la concessione della Costituzione, a similitudine di quello che era già successo nel regno di Napoli con Ferdinando I°. In quel particolare frangente Des Geneys cercò di adoperarsi in tutti i modi nel mantenere il più possibile la calma nella città ligure, ma fu travolto egli stesso dagli avvenimenti e fu catturato dai rivoltosi assieme al suo stato maggiore. Subì angherie e percosse e, non da ultimo, fu anche accusato di aver intascato un piccolo tesoro per aver venduto la città agli Austriaci. Niente di più falso, ma a causa di ciò, la sua casa fu messa a soqquadro e molti dei suoi averi personali furono rubati dai rivoltosi. Tuttavia nella sua lungimiranza, quando gli animi si furono calmati e le cose rientrate nella normalità e i toni dei rivoltosi ridotti al silenzio, con la definitiva rotta di Novara del neo costituito esercito costituzionale, egli non infierì contro nessuno di essi, suscitando per questo l'ammirazione di tutta la cittadinanza. Comunque questi moti rivoluzionari ebbero come conseguenza l'abdicazione di re Vittorio a favore del fratello Carlo Felice, che ne conseguì anche il tramonto di tutti i benefici derivanti dalla precedente concessione della costituzione.

   Siamo oramai alle soglie del 1822 e il grande Ammiraglio che tanto aveva dedicato al rafforzamento della Marina da Guerra, portò in auge la bandiera Piemontese ovunque nel mediterraneo, ivi comprese alcune soste che egli programmò di fare in determinati porti barbareschi di maggior fermento, e tutto questo per sottolinearne la potenza raggiunta dalla Marina Sarda, a guisa di eventuali idee bellicose da parte di questi ultimi. E' cosa risaputa infatti, che ai vari principi del crimine nordafricano, le grandi potenze marinare pagavano dei cospicui tributi, al fine che non infastidissero le loro navi mercantili. E' altrettanto risaputo però, che questi non demordevano mai la loro fobia di aumentarne sempre le cosiddette aliquote, cosa che il bey di Tripoli fece anche con il regno Sardo-Piemontese, previo un ritorno delle scorribande. Così avvenne che sul finire del 1825, una delegazione politica partì alla volta di Tripoli scortata da una adeguata forza navale composta da due fregate: la "Commercio di Genova" la "Cristina" e dai brigantini "Nereide" e "Tritone" più, altre quattro navi da trasporto cariche di materiali e personale, che il 24 Settembre di quell'anno si presentò di fronte a Tripoli con precisi ordini impartiti da Des Geneys al comandante della spedizione, capitano di vascello Sivori, che qualora, le trattative dovessero fallire, egli avrebbe dovuto usare la forza sferrando un attacco contro il tiranno... e così avvenne, e notte tempo, le forze Piemontese agirono di sorpresa. Questa impresa che viene riportata come "La Spedizione di Tripoli", costò al tiranno di quella città la perdita di un brigantino due golette e altro naviglio, cosicché il bey fu riportato a più  miti consigli. Fu un successo, e dal quel giorno le bande dei pirati tennero in maggior considerazione le bandiere della nuova forza navale della Regia Marina Sarda.

Una piccola nota a proposito della spedizione tripolitana, ne sottolinea i vantaggi che più tardi ne ebbero alcune altre reggenze tra cui: il reame di Napoli, lo Stato Pontificio, e poi la Svezia, l'Olanda; ma non di meno fu ciò che la brillante impresa procurò al re Carlo Felice: calde congratulazioni da ogni parte d'Europa.

   Inutile sottolineare il fatto che, a maggior ragione, chi ne ebbe maggior soddisfazione fu proprio colui che per anni aveva testé lavorato per portare in auge il prestigio di una sempre più moderna e disciplinata organizzazione marinara, dalle ardite capacità e guidata da intuiti intellettivi di grande aspetto. Negli cinque anni che seguirono, fra il 1825 ed il 1830, anno che segnò la morte di Carlo Felice, il Des Geneys si prodigò con tanta maggiore efficacia al fine di migliorare ulteriormente sia l'organizzazione che lo sviluppo della marineria sarda. In quel periodo, al naviglio già esistente, vanno annoverate nuove unità tra cui: le fregate "Carlo Felice" e "Regina" da 60 cannoni seguite altre due fregate minori: la "Bertoldo" e la "Haute Combe" da 50 cannoni; le corvette "Aurora" da 20 cannoni e "l'Aquila" da 24 cannoni. Tutte costruite nella darsena della foce, presso la quale venivano oltre modo curati gli armamenti e le eventuali manutenzioni di cui le unità necessitavano.

   Ma Des Geneys non fu solo questo, egli ebbe anche l'intuizione di adeguarsi alle nuove tecnologie che già si profilavano all'orizzonte,  adottando nuovi sistemi di locomozione che oramai stavano soppiantando e sopratutto trasformando l'antica arte navale della vecchia marineria remica e velica, nel 1834, egli  commissionò a dei cantieri inglesi due piroscafi a ruota, al fine di migliorare i servizi e  rendere più veloci e più agevoli i collegamenti tra Genova e la sua amata Sardegna.

   La prima nave a vapore che entrò a far parte del naviglio della Regia Marina Sarda fu il piroscafo "Gulnara" le cui ruote motrici erano sospinte da una macchina la cui forza era di 120 cv. al quale fece poi seguito "L'Ichnusa" di uguale portata e che il Des Geneys fece costruire nella darsena della foce.

Questo a sottolineare quanto la sua mente fosse attenta alle innovazioni.

    Ma oltre a tutto ciò, egli fu anche un amministratore attento che seppe mettere a frutto ogni piccola entrata e che seppe governare con fermezza e rigore, ma sempre nel rispetto delle regole. Il grande Ammiraglio, Giorgio Des Geneys morì a Genova, all'età di 78 anni, il 3 gennaio 1839. Egli non fu solo un grande marinaio, fu anche il precursore di quelle discipline marinare, molte delle quali ancora oggi sono annoverate nella nostra Marina.    

Stemma Gentilizio del Casato di Des Geneys

 

 

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