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"U-boot"  i battelli del mare sommerso

a cura di Alessandro BELLOTTO

 

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Rullo di tamburi

 

     Solo dopo l'entrata in guerra degli Stati Uniti, Dönitz inviò cinque battelli ad operare a ridosso delle coste statunitensi sotto la direzione del capitano di corvetta, Reinhardt Hardegen, comandante dell'U-123 e questa operazione venne battezzata da Dönitz col nome di "Rullo di tamburi". A similitudine del 1917, all'inizio gli U-boot non trovarono difficoltà alcuna, nessun pattugliamento lungo la costa e, men che meno, misure adeguate di difesa contro possibili attacchi da parte di sommergibili tedeschi. Questi ultimi di giorno si riposavano sul fondo e di notte emergevano dandosi alla caccia più sfrenata. Gli annali storici riportano, secondo una stima approssimativa quanto prudente, che nei primi mesi del 1941, lungo le coste americane siano state affondate non meno di 200 navi per un totale di 1.150.000 Tonnellate circa, segnalando la perdita di un solo battello. Al ché, fu istituito quasi subito il sistema dei convogli, solo allora il quantitativo degli affondamenti diminuì sensibilmente e al punto che lo stesso Dönitz decise di dirottare i suoi sommergibili nelle acque del mare delle Antille, con l'intento di catturare quante più petroliere fosse possibile dirette in Europa. E proprio in quelle acque, che nel Settembre del 1942, si verificò uno degli episodi più inverosimili quanto assurdi di tutto il conflitto. Naturalmente i tedeschi non erano i soli a servirsi della propaganda. Anche gli alleati si servivano della propaganda cosiddetta, bellica, nel senso che la fazione alleata aveva dipinto i sommergibilisti tedeschi come degli assassini spietati che agivano senza dare quartiere, e  che non davano assistenza alle proprie vittime (foto uno) anzi, le mitragliavano. Nel mentre... era una menzogna, e tranne qualche caso di non curanza, al contrario, vi furono molte azioni che sottolinearono proprio l'aiuto che gli equipaggi degli U-boot rivolsero nei confronti delle proprie vittime. Come nel caso del comandante dell'U-48, Herbert Schultze, che sollecitò l'Ammiragliato londinese di inviare dei soccorsi ai naufraghi di un mercantile che aveva affondato, dando loro le coordinate geografiche.

     Nel corso di un conflitto quando si parla di eroi, normalmente ci si riferisce ad una azione militare andata a buon fine con la distruzione del nemico, esponendo l'esistenza di che compie l'azione a degli estremi incondizionati. Esistono però anche altri tipi di eroe e di eroismi. A volte quello che nasce dal profondo dell'animo umano, a prescindere dalle proprie convinzioni politiche o di parte, può favorire delle azioni di diverso aspetto.  Eroe è anche colui che pone la propria vita al servizio di un ideale, anche se non è il proprio. Costoro sono quegli eroi che tengono in una mano la coscienza e nell'altra la bandiera del proprio paese, e non sono certo dei cavalieri del male ma semplici uomini coraggiosi. Or bene, questo è il caso del capitano di corvetta, Werner Hartenstein, comandante dell'U-156 che una notte di settembre del 1942 affondò una nave da trasporto inglese il "Laconia" che stava trasportando militari inglesi con le proprie famiglie, ciò implica che a bordo vi fossero 80 civili fra cui donne e bambini, e ben 1800 prigionieri di guerra italiani. Poiché le azioni di notte si svolgevano per la maggior parte in superficie, dopo l'attacco, Hartenstein  sentì le grida di aiuto, così pensò di prestate loro soccorso e segnalò via radio al suo comando quanto stava accadendo; certamente Dönitz ben sapeva che l'affondamento di una nave in cui si trovavano dei soldati italiani non avrebbe certo fatto piacere ai propri alleati e la cosa avrebbe potuto avere delle conseguenze anche sul piano politico perciò, decise di inviare altri due U-boot sul luogo dell'accaduto per dare man forte con i superstiti. Intanto Hartenstein prestò i primo soccorsi e cercò per quanto possibile di tenere unite le lance stracariche dei poveri superstiti e non solo, mandò anche via radio un messaggio in inglese sulle frequenze d'onda internazionali e su quella dei traffici commerciali accludendo le coordinate geografiche. Il testo era il seguente:... QUALSIASI NAVE VERRA' IN SOCCORSO DEI NAUFRAGHI DEL LACONIA NON ATTACCHERO' A PATTO DI NON ESSERE ATTACCATO DA NAVI O AEREI... HO RACCOLTO 193 UOMINI... 4° 52' S 11° 26' W SOMMERGIBILE TEDESCO. Non giunse nessuno e per altri due giorni Hartenstein continuò a reggere una situazione per lui poco felice... nella coperta dell'U-boot vi erano accalcate 310 persone tra inglesi italiani polacchi, le donne e i bambini furono ricoverate sotto coperta e ricevettero assistenza medica. Giunsero anche altri U-boot inviati da Dönitz, l'U-506 e l'U-507 che si distribuirono ciascuno quel carico di sofferenza umana, prodigandosi a distribuire loro viveri e caffé e curando per quanto possibile i feriti, specie gli italiani che durante la sciagura si erano scontrati con i loro aguzzini polacchi. Alle 11.25 del quinto giorno apparve un quadrimotore, B-24 Liberator, con le insegne degli Stati Uniti. Il comandante Hartenstein al fine di eliminare eventuali malintesi fece da prima ricoprire il pezzo da 105 con una bandiera in cui campeggiava una croce rossa e fece trasmettere un messaggio all'aereo in alfabeto morse, in inglese, ... QUI' SOMMERGIBILE TEDESCO CON NAUFRAGHI BRITANNICI A BORDO STOP C'E' UNA NAVE DI SOCCORSO IN AVVICINAMENTO ?? ma non ricevette alcuna risposta, al punto che un ufficiale britannico chiese il permesso di trasmettere un messaggio in chiaro, al fine che non vi fossero maleinterpretazioni da parte del pilota... UFFICIALE DELLA RAF VI PARLA DA SOMMERGIBILE TEDESCO, SUPERSTITI DEL LACONIA A BORDO SOLDATI CIVILI DONNE E BAMBINI. Nessuna risposta. Il B-24 Liberator se ne andò per ritornare più tardi, alle ore 12.32, si avvicinò lentamente e con somma sorpresa del comandante Hartenstein, aprì il vano di carico e sganciò due bombe nelle vicinanze. Un marinaio tedesco tagliò la fine di traino delle lance per evitare che queste fossero colpite al posto del sottomarino, ma al secondo passaggio il Liberator ne sganciò altre ed una colpì in pieno una lancia uccidendo quasi tutti; al terzo passaggio sganciò una bomba di profondità che scoppiò vicino alla camera di manovra provocando gravi danni al battello e seminando il terrore alle donne e i bambini sotto coperta. Alcuni uomini corsero ai pezzi di artiglieria ma Hartenstein proibì loro di toccarli... forse sarebbe stato peggio, ingaggiare un combattimento avrebbe significato aggiungere altro danno a quello già provocato dall'aereo. Hartenstein non ebbe altra scelta che interrompere i soccorsi e rientrare per i danni subiti, oltretutto era nella impossibilità di immergersi poiché l'acqua che era filtrata attraverso una lesione prodottasi nello scafo, aveva danneggiato le batterie che stavano emettendo cloro. Intanto l'aereo esaurite le bombe se ne era andato e Hartenstein dovette lasciare i profughi al loro destino. Il giorno dopo arrivarono due navi francesi che raccolsero i superstiti. 1350 furono gli italiani che persero la vita, e con loro 241 britannici e 73 polacchi.

L'U-156 di Hartenstein come pure gli altri due U-boot vennero poi affondati in altre azioni.

     Come si venne a sapere  alcuni anni dopo, il pilota americano aveva ben inteso cosa stava succedendo a bordo dell'U-boot, ma dalla base antisommergibili di Ascensione, ricevette comunque l'ordine tassativo di rientrare armarsi e compiere la sua missione, poiché il sommergibile poteva comunque costituire un pericolo per le navi in zona.

     A questo punto delle storia viene lecita una domanda..."può un ufficiale discernere se un ordine sia da eseguire oppure no? Può l'intelligenza di un uomo, anche se costretto dalle circostanze, avere la possibilità decidere se sia giusto compiere una azione così inverosimile"?

     Se è vero che gli ordini non si discutono è altrettanto vero che chi li emana, spesso, non ne è l'esecutore materiale, e che non sempre vige la regola dell'assolutismo... ed è questo alla fine il  dilemma che da sempre ha costituito un limite tra l'uomo e le sue conflittualità primordiali. Se è pur vero che non sempre l'uomo è padrone dei suoi sentimenti, è sempre pur vero che può essere fiero delle sue azioni. Ciò che da sempre contraddistingue l'essere umano, dal non esserlo, è il segno che esso lascia dietro di lui.

     Proprio a seguito di questo fatto, cioè a dire: lo sconsiderato attacco verificatosi a danno dell'U-156, Karl Dönitz, fu per così dire, costretto a prendere una decisione che avrebbe costituito motivo di odio e di altrettante conseguenze, e che divenne tristemente celebre, e la trasmise, in codice, a tutti i suoi addentellati per mare:

OGNI TENTATIVO DI SALVARE GLI EQUIPAGGI DELLE NAVI AFFONDATE E' VIETATO DA OGGI...  TALE DIVIETO SI APPLICA PARIMENTI AL RIPESCAGGIO DI UOMINI IN MARE E AL LORO IMBARCO SU LANCE A RADDRIZZAMENTO DI IMBARCAZIONI CAPOVOLTE E AL RIFORNIMENTO DI CIBI E ACQUA... TALI ATTIVITA' SONO IN CONTRADDIZIONE CON L'OBIETTIVO PRIMARIO DELLA GUERRA... CIOE' LA DISTRUZIONE DI NAVE NEMICHE E DEI LORO EQUIPAGGI.

(vedi foto)

 

  

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