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"La Serenissima Repubblica"

a cura di Alessandro BELLOTTO

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I tesori di Bisanzio

 

     Quello che all’apparenza può considerarsi inverosimile è il fatto che la città di Costantinopoli racchiudesse o meglio, possedesse,  a detta degli stessi bizantini,  quasi i 2/3 delle ricchezze allora esistenti al mondo. Sembra quanto mai strano che in una sola città vi fossero depositate tante svariate bellezze, opere d’arte e mille altre splendide cose, che la facevano assurgere alla capitale più ricca ed elegante, quanto bella del mondo di allora. Tutto questo era il frutto di 900 anni di conquiste e di accumuli che l’incessante lavoro di generazioni avevano posto in essere. E di tutto questo, Venezia, fece la parte del Leone.

     Tutto quello che non fu rubato o distrutto dai guerrafondai cristiani, fu portato in occidente e si sparse ad abbellire castelli e chiese, contribuendo ad arricchire i nobili di mezza Europa.  Nel cuore di questa unica città, come posto al centro dell’impero, si ergeva il gran palazzo imperiale, dove gli imperatori dimoravano venerati alla stregua di un dio. Qui veniva custodito quanto di meglio e di più prezioso era in loro possesso: lingotti d’oro e gioielli, stoffe e sete preziose. Essi erano i depositari di tutte queste immense ricchezze, gelosamente custodite nei reconditi sotterranei del palazzo, dove anche l’acqua era preziosa e custodita in capienti cisterne sotterranee, dalle quali si ergevano poi fitti colonnati di marmo, sopra i quali stanziava il palazzo stesso. 

     Venezia, come già detto, fece la parte del leone asportando colonnati e marmi pregiati dai palazzi patrizi, icone dorate, tappeti, oro, gemme di vario splendore, ivi compresi i cavalli bronzei che poi furono sistemati nella facciata della Basilica di San Marco, quale elegante trofeo e simbolo di conquista. Ma oltre a ciò, Venezia, asportò molte delle reliquie della cristianità colà custodite, che rendevano la reggia un luogo santo e venerato. Nei favolosi saloni al centro del gineceo, vi erano custoditi i telai per le lavorazioni delle sete più pregiate, allora considerata un’arte di bellezza ed un monopolio di stato da salvaguardare. Un altro dei grandi centri ricchi della città era la Chiesa di Santa Sofia,  che in greco significa “sapienza”,  fondata dall’imperatore Giustiniano sin dal 500 d.C. che per quei tempi rappresentava un tempio di rara bellezza, adornata di mosaici, di marmi preziosi, di icone in oro e argento, con la pala dell’altare maggiore in oro massiccio tempestata di pietre preziose, sede beata e magnifica dove si svolgevano le fastose cerimonie religiose e le incoronazioni degli imperatori. Vale la pena di riportare qui una storica curiosità: per i culti in Santa Sofia vi erano assegnate all’incirca 600 persone… 80 preti, 150 diaconi, 40 diaconesse,  70 sottodiaconi, 160 lettori, 25 cantori e 75 portieri. Nei pressi della basilica si articolavano i vari edifici del patriarcato dove in un vasto atrio sorgeva la “phiale”, la fontana della purificazione che era adorna da una notissima iscrizione bi-frontale greca ovvero, che si poteva leggere da ambo i lati:

“detergi i peccati non solo la faccia”.

     

chiesa di Santa Sofia oggi, alla quale fanno da sfondo i quattro minareti eretti dai Turchi