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"La Serenissima Repubblica"

a cura di Alessandro BELLOTTO

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Lo Stato Veneto

 

     Con la caduta dell’impero romano praticamente ha inizio quello che si può considerare il medio evo vero e proprio, siamo nel 476 d.C. e la pianura veneta langue pressoché indifesa alla mercé dei vari invasori barbari, divenendo così terra di passaggio e di saccheggio. Dai Goti ai Longobardi e poi i Franchi, che avvicendandosi nei vari domini imposero progressivamente alla nazione veneta le idee e le azioni delle nobiltà straniere, fiduciarie degli imperatori, che diedero origine a delle dispotiche signorie di terre straniere, e che per gran parte del medio evo mantennero questa terra suddivisa in feudi contee e ducati. Dunque: per sottrarsi a questo marasma di etnie, le comunità prettamente venete formate dalle genti indigene pensarono di insediarsi all’interno dell’area lagunare e qui, svilupparono nel tempo una aristocrazia autoctona gettando le basi di una democrazia squisitamente commerciale, sottraendola alla influenza della politica  territoriale che fu data all’Europa occidentale dai popoli germanici, e allineandosi piuttosto sotto l’indirizzo dell’impero bizantino.

     Dopo Roma, nel catino del Mediterraneo prevalsero da prima gli arabi e poi i turchi e dunque, contro di essi combatterono i Veneti in primis e Venezia poi.

Ma come nacque Venezia!?

     Originariamente, come abbiamo già detto, fu proprio per sfuggire alla barbarie che le popolazioni venete si ritirarono a vivere sulla laguna, e proprio tra le isole di questo arcipelago trovarono il modo di diventare genti di mare e di accrescere le proprie prospettive. Sulla laguna queste popolazioni ebbero la forza di crescere e divenire potenza, e con l’astuzia e con le armi riuscirono finalmente a sottrarsi anche dal dominio dell’impero d’oriente e, più tardi, tornarono ad espandersi verso le terre dell'interno che un tempo dovettero lasciare, unificando così il vecchio territorio e ristabilendo gli antichi confini e le antiche modalità dell’antico stato romano, sottraendole alle signorie straniere che il nuovo sacro romano impero aveva loro imposto.

    Queste zone lagunari tagliate fuori dalle cosiddette rotte degli invasori barbarici, poco alla volta in ciascun insediamento di ciascuna isola si organizzò un ordinamento politico, dove fu nominato un proprio rappresentante, detto tribuno, scelto tra di essi ma con dei poteri limitati dall’assemblea del popolo. Contestualmente tutto l’arcipelago dipendeva dall’esarca bizantino, che allora aveva sede a Ravenna, e che a sua volta nominava un proprio capo militare al quale tutti i tribuni dovevano sottostare, almeno teoricamente. In pratica l’arcipelago stesso rappresentava una sorta di confederazione e ciascuna isola era in sé, una minuscola repubblica,  spesso in concorrenza con le altre. Questo però esponeva ognuna di queste a delle costanti minacce, al ché, all’unisono, gli isolani nel 697 decisero di darsi un comando unitario nominando un Duca o Doge, con poteri sufficientemente ampi ma pur sempre destituibile dal popolo in qualsiasi momento. I primi Dogi infatti non ebbero vita lunga: uno venne quasi subito assassinato, altri quattro furono accecati, due scomunicati ed esiliati ed altri tre semplicemente deposti. A quei tempi il dogato risiedeva ad Eraclea, allora prima capitale della Repubblica. Più tardi nel 729 il Doge, Orso Ipato, tentò di rendere la nomina ereditaria per trasmetterla al figlio… scoppiò una rivolta e Orso fu assassinato dal popolo infuriato e la carica di Doge fu soppressa e venne istituita una nuova carica, una sorta di capitano militare il cui mandato aveva la durata di un anno. Dopo qualche anno però questo esperimento fallì e si ritornò alla carica del Doge; la sede però fu spostata da Eraclea nell’isola di Malamocco. Intanto verso la fine dell’VIII° secolo, l’intero arcipelago lagunare divenne una Repubblica solida e molto prosperosa dotata di una flotta mercantile altrettanto eccellente, attraverso la quale si riscattò dalle primordiali occupazioni della pesca e dell’estrazione del sale. Oramai le galere veneziane solcavano l’Adriatico, l’Egeo e l’intero Mediterraneo spingendosi ben oltre le colonne d’Ercole sino al Mare del Nord. Nel frattempo, ai vertici del Regno Italico vi fu un cambiamento di fronte, con la morte di Desiderio, ultimo sovrano del regno italico, cadde il dominio dei Longobardi ad opera dei Franchi. In questo nuovo contesto si inserì la contesa fra la reggenza dello stato di malamocco e i patriarchi di Grado. Questi ultimi, per via delle singole esigenze, erano partigiani di entrambi e cioè: sia per i nuovi dominatori Franchi e sia per l’impero Bizantino. Queste lotte intestine tra le due fazioni, terrestre e lagunare, durò diversi anni e il perdurare del complicato equilibrio delle vicende, portò gli oligarchi al potere ad una coreggenza. Intanto, alle soglie dell’810 la capitale della Repubblica fu nuovamente trasferita nell’isolotto di Rialto, situato più nell’interno così da essere meno vulnerabile, e da quel giorno in onore dei suoi fondatori il nuovo insediamento si chiamò VENEZIA.

bandiera di Venezia

     Così i veneziani ovvero, Venezia, si espanse sempre di più e, isola dopo isola, creò nel tempo quella che più tardi sarà definita come la città perla dell’Adriatico con i suoi sontuosi palazzi i grandi mercati le belle arti,  e col suo altrettanto importante complesso industriale che era l’arsenale marittimo, cinto da alte mura merlate all’interno del quale esistevano altrettanti bacini e cantieri dove venivano costruite, a spesa dello stato, le navi da guerra, o per meglio dire: le galee da guerra, soprannominate anche navi lunghe; queste unità erano dotate sia di remi che di una vela latina ed erano manovrabilissime. Ai tempi del suo antico splendore questo complesso, proprio per la qualità e le tecnologie messe in atto se non per la bravura dei suoi maestri, era da considerarsi il più importante di tutta l’Europa. Si,  perché Venezia non pensò solamente a commerciare con il modo conosciuto di allora, ma pensò anche di difendere i suoi traffici, e lo fece in maniera piuttosto egregia anzi, proprio grazie alle sue navi da guerra ripulì l’Adriatico da pirati e malviventi che razziavano le coste dalmate. Le navi mercantili invece erano costruite nei fiorenti cantieri o squeri privati; queste ultime però erano navi molto più corte e larghe, infatti erano chiamate navi tonde, ed erano esclusivamente a vela.  Per così dire, la sua larghezza massima non superava mai più di un terzo della lunghezza complessiva (lunghezza 24 - 26 mt.  larghezza 8 mt. altezza tra ponte e chiglia 6 mt.  pescaggio 4,5 mt.) ragion per cui erano più lente ma avevano una grande capienza per lo stivaggio delle mercanzie. In genere la loro stazza si aggirava dalle 600 alle 850 Tonnellate.

la coca nave tonda

     Come dicevamo, con questi mercantili Venezia commerciava trasportando i preziosi vini da Creta; zucchero e grano dall’Egitto, anche il candido cotone proveniva dall’Egitto, mentre l’argento il rame e i tessuti di lana pregiata provenivano dalle lontane Fiandre e dall’Inghilterra. Con Bisanzio commerciava in oro gioielli e giade, con la lontana Cina le sete, con i mercanti arabi spezie e droghe.  Per secoli Venezia conobbe una potenza enorme ed enormi ricchezze, ma fu dopo il 1200 che la serenissima conquistò a pieno il dominio mercantile del mediterraneo orientale. Nella sua epopea marinara questa repubblica spiccò per le sue imprese belliche e le estreme lotte contro l’impero ottomano, ma fu, soprattutto, il suo grande mercanteggiare con l’oriente, che rese Venezia la città più affascinante di quel tempo. 

     Tuttavia, Venezia, per quanto poco, per molti anni rimase sotto il protettorato di Bisanzio che, se pur blando, era sempre un protettorato che Venezia gestiva a proprio uso godendo per questo di una larga autonomia. Infatti, la sua espansione economica, per così dire esterna, era dovuta ad una stabilità politica interna, che era garantita da una originalissima forma di costituzione aristocratica. La definizione di “repubblica democratica”  dopo tutto era un eufemismo che nascondeva in sé degli ordinamenti oligarchici. Non di meno va osservato il fatto che la nomina del Doge, un tempo a suffragio popolare, col passare del tempo divenne un diritto sempre più ristretto a gruppi di cittadini, normalmente tra i più benestanti e altolocati. A tal proposito ovvero, sulla elezione del Doge, solo dopo il 1100 si trovò una formula stabile,  pur se macchinosa, per la sua elezione.

     A coadiuvare le sorti della serenissima repubblica, soprattutto nei giudizi, vi era il “Consiglio dei Dieci”, che dal lontano 1310 sino alla sua caduta  avvenuta nel 1797, fu uno dei massimi organi di governo. Esso venne istituito in seguito ad una fallita congiura posta in essere da Bajamonte Tiepolo, membro di una delle più antiche famiglie patrizie, che tentò di rovesciare il sistema oligarchico che aveva escluso dal governo della città le nuove famiglie. A questo nuovo organo infatti vennero assegnati dei poteri speciali al fine di reprimere i congiurati e ristabilire la sicurezza dello stato. Or bene, nel tempo, tale organo nelle sue funzioni venne poi reso stabile e i suoi membri, eletti dal Maggior Consiglio, rimanevano in carica solamente un anno. Altro organo dello stato molto importante era per l'appunto il "Maggior Consiglio", il quale per definizione era l’organo politico più importante della repubblica, cui aspettava la prerogativa di nominare i consiglieri, che a loro volta, dovevano poi eleggere il Doge. Esso fu costituito nel 1172 in sostituzione del "consiglio popolare". Inizialmente era composto da 480 membri delle famiglie di più antica nobiltà veneziana e fu  definitivamente sciolto, il 12 Maggio 1797, allorquando sanzionò a grande maggioranza (598 voti a favore, 7 contrari, 14 astenuti) l’inesorabile fine della repubblica di fronte alla dominazione napoleonica.