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Mediterraneo origini storiche della Marina

a cura di Alessandro BELLOTTO

 

 

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Il regno di Sardegna

Vittorio Amedeo II° primo Re di Sardegna

     

     L’8 agosto del 1720 nacque così il Regno di Sardegna e il 2 settembre dello stesso anno Felice Pallavicino, barone di Saint Remy, venne nominato Viceré e iniziò così il suo mandato di governo. 

     La Sardegna però a quei tempi non versava proprio in buona salute, come del resto lo era per gran parte di quell'Italia, suddivisa in stati e staterelli. 

     A dire il vero prima di parlare di quest’isola incastonata come una gemma nel bel mezzo del mar Tirreno, bisogna pensare che sin dai lontani tempi in cui le genti mediterranee solcavano questi acque, questa terra era reputata da tutti, a  iniziare proprio dai Fenici, seguiti dai Cartaginesi e dai Romani, solo terra di conquista, una sorta di colonia dalla quale poter solo estrarre sia dal suolo che dal sottosuolo le sue intrinseche ricchezze. Iniziò in questi antichissimi tempi il depauperamento della vera ricchezza Sarda, con estrazioni di piombo argentifero, al rame, per passare alle coltivazioni dissanguative del suolo “il granaio di Roma” con ben due raccolti l’anno. Insomma, in quanto terra di conquista e colonia era un limone da spremere, e tutti e quanti hanno avuto il dominio di questa terra hanno sempre e comunque preso a grandi mani l’abbondanza che questa isola offriva, sfruttandone anche l’indigeno come schiavo nelle innumerevoli attività. Ma anche allora come oggi,  l’isola di Sardegna era adibita a luogo di diletto e di salubrità, prova ne sono le tante ville degli antichi romani e dei moderni italiani che sono state erette e delle quali si possono vedere le vecchie e nuove vestigia.

     Ma torniamo agli anni del suo nuovo re. L'intera struttura del tessuto sociale si basava su un regime feudale che ne impediva qualsiasi organizzazione sociale e quindi l'economia languiva, per non dire dell'arretratezza culturale, che peraltro non è da intendersi come cultura e/o civiltà vera e propria, in quanto ancora oggi sono sotto gli occhi di tutti, le costruzioni nuragiche i pozzi sacri e i villaggi dei primi insediamenti abitati della Sardegna; quanto al fatto di intellettualità nel senso lato del lemma, bisogna altrettanto affermare che a tutti i conquistadores, sono serviti schiavi da mantenere nella più completa ignoranza.

     Anche la chiesa ne era  parte in causa, anzi, essa aveva tutto l'interesse a mantenere tale lo stato delle cose. Lo Stato Pontificio infatti oltre a contare sul potere spirituale, si era opportunamente inserito nel potere economico instaurando la cosiddetta "DECIMA" che, altro non era se non il tributo che pastori e contadini doveva elargire al clero una volta all'anno.

In molti casi essa rappresentava anche più del dovuto ma, cosa assai peggiore e che andava ben oltre l'umana comprensione, era il fatto che quest'ultima si serviva anche dell'ausilio della inquisizione.

Persino l'istruzione era demandata al clero, che più che altro, si soffermava a insegnare (esclusivamente) i salmi e le preghiere.

Nei primi anni di regno i Savoia si limitarono a non sconvolgere più di tanto le abitudini locali, anche perché dopo quattro secoli di dominazione spagnola non era possibile soverchiare certe consuetudini e quindi venne mantenuta una certa autonomia di gestione.

Tutto sommato però fu una autonomia più di facciata che di fatto, poiché  tutti i Viceré che si susseguirono, esercitarono una gestione dettagliatamente pilotata e sorretta dal governo di sua maestà, insomma: la Sardegna, a quei tempi,  altro era se non una sorta di colonia Piemontese.   

  A questo punto della storia però, bisogna soffermarsi a valutare una realtà che non era strettamente legata al solo suolo di Sardegna, si tratta di una realtà che risultava essere comune per gran parte del territorio italico, anche dopo la costituzione del regno d'Italia e sino agli inizi del 900 e per qualche lustro ancora, il livello di ignoranza sfiorava il 60% e anche di più, l'analfabetismo dilagava su quasi tutto il territorio nazionale, tanto è vero che chi non sapeva ne leggere ne scrivere e non era in grado di dimostrare di possedere un reddito fisso, non aveva nemmeno il diritto di voto, tra cui le donne che ne erano completamente escluse. L'Italia prima e dopo del risorgimento era in prevalenza popolata da contadini o semplici artigiani che vivevano in condizioni disagevoli malnutriti e che mangiavano la carne si e no una volta al mese, ed erano quindi soggetti ad alcune malattie tipo la pellagra e lo scorbuto e dove la moria dei bambini era altissima. Bisognerà addirittura arrivare a cavallo del XX° secolo per debellare quasi completamente le genti dall'ignoranza e da alcune di queste malattie. Nell'Italia poco conosciuta di allora, lo sviluppo tecnologico era quasi assente e l'emancipazione sociale era lenta e comunque settoriale. Non vi è dubbio alcuno che lo stesso Vittorio Amedeo II° sacrificò la Sardegna a favore del Piemonte dove si dedicò con tutte le sue forze affinché potesse divenire un vero stato, basato sull'assolutismo, ma un vero stato. Trascurò persino di curare e unificare  l'amministrazione della rimanenza del  suo regno che rimaneva territorialmente diviso.   

     Tutti i dignitari dell'isola, dagli intellettuali, ai feudatari, ai nobili, al clero stesso, o ai vari cavalierati,  facevano parte della cosiddetta, classe per bene, in realtà, altri non erano che un sorta di padri-padrone. Bisogna anche dire che all'inizio non erano molto avvezzi a collaborare con il nuovo mandatario del re, soprattutto perché si erano forgiati secondo un'ottica totalmente diversa, molti di loro non vivevano nemmeno nell'isola e ed erano talmente lontano dalla stessa realtà  Sarda, che stentavano ad accettare un dibattito sia politico che culturale che fosse legato ad una trasformazione di rinnovamento. Ma come dice sempre il saggio: dai tempo al tempo e le cose finiranno per cambiare...un pò come dire: quando si ha fame anche la polenta può avere il sapore dell'arrosto, questo per sottolineare il fatto che anche la classe dirigente e gli stessi reali un giorno avrebbero dovuto ricredersi sulla l'importanza di questo territorio. 

            ...Lasciamo quindi la Sardegna al destino che negli anni seguì, e occupiamoci invece di avvenimenti che sono accaduti molti anni più avanti e sempre nel contesto degli equilibri europei, allorquando, un bel giorno si arrivò al famoso...dunque! Cioè quando la Sardegna  avrebbe fatto comodo anche alla casta Sabauda che, dopo tutto, in un recente passato aveva conferito loro una corona di cui vantarsi e con la quale imporsi sugli avvenimento europei. Ad avvalorare quel territorio ci pensò Napoleone Bonaparte,  il cui vero cognome era Buonaparte,  un cognome prettamente italiano, dal momento che solo un anno prima della   nascita, il 15 Agosto 1769, del futuro imperatore nativo della Corsica, l’isola  venne ceduta nel 1768 da Genova alla Francia.Bonaparte” è solamente un francesismo.

     Napoleone dicevamo, dopo aver invaso la Savoia, con la campagna d'Italia invase anche il Piemonte costringendo i reali Sabaudi all'esilio. Siamo alle soglia del 1799 e dove potevano andare i reali se non là, proprio nel territorio dove un giorno ebbe origine l'ascesa al trono? 

     Ma ancor prima di addentrarci in questo avvenimento storico, bisogna fare un breve passo indietro, solo di pochi anni; bisogna risalire all'anno 1793,  allo  scoppiò la guerra franco-piemontese.

 

 

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