Le fregate americane del 1797

a cura di Alessandro BELLOTTO

 

 

 

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Le imprese della "Essex"

   Prima di raccontare anche se pur sommariamente le imprese che questa unità da guerra americana, è doveroso conoscere più da vicino alcuni aspetti costruttivi della stessa. La Essex era una fregata leggera realizzata con legno di quercia bianca del New England, molto appropriato, che stazzava solamente 860 Tonnellate, le cui dimensioni si sviluppavano in 43 mt. di lunghezza e 11 mt. di larghezza nella sezione maestra ed aveva una linea a dir poco perfetta; era armoniosa nelle proporzioni ed elegante nella velatura, al galleggiamento aveva un bordo libero un po’ più basso rispetto le altre unità della stessa classe, ciò faceva sembrare che la nave scivolasse con grazia sopra lo specchio dell’acqua. Aveva un armamento misto che consisteva in 26 cannoni da 12 Lb. sul ponte di batteria e da 16 carronate da 24 Lb. in coperta; era una giusta combinazione opportunamente studiata dal suo progettista, William Hackett, un giusto peso e ciò gli conferiva una manovrabilità eccellente. La Essex era davvero un capolavoro di ingegneria navale e i suoi armatori ne andavano fieri, i cittadini di Salem, nel Massachusettes, che si accollarono gli oneri della sua costruzione per poi farne dono alla Marina da Guerra. 

   Vi è purtroppo anche un secondo aspetto che riguarda questa nave e che risale a qualche anno dopo la sua entrata in servizio, che  fu una concausa della sua fine prematura. Purtroppo nel 1810 allorquando era sotto il comando del capitano Jhon Smith, l’armamento della nave subì un drastico cambiamento ovvero: 20 cannoni a canna lunga da 12 Lb. vennero sostituiti con delle carronate da 32 Lb. Questo cambiamento non solo comportava un aumento di peso a scapito della manovrabilità ma, ancor peggio, diminuiva le sue capacità di combattere a debita distanza. Se durante un qualunque combattimento avesse riportato dei danni all’alberatura, sarebbe stata nella impossibilità di manovrare e un qualsiasi avversario che l’avesse cannoneggiata da lontano, avrebbe reso la Essex assolutamente indifesa. Il fatto era che Smitt era un sostenitore dei duelli ravvicinati, arrembando il nemico da vicino, solo che per poter fare bisognava anche avvicinarsi.

   Quando nell’estate del 1811 il capitano David Porter  (foto 05) ne assunse il comando, ebbe a che ridire sulle varianti apportate all’armamento originale. Non vi fu nulla da fare, secondo il segretario della Marina, al momento attuale non si poteva sostenere la spesa per ricambiare l’armamento secondo le idee del nuovo comandante. All’occorrenza, se proprio lo avesse voluto, il capitano Porter  poteva aggiungere qualche cannone da 18 Lb. in più, ma quest'ultimo non fece nulla e ostinatamente mantenne lo stesso armamento.

   Allo scoppio della guerra contro l’Inghilterra, Porter effettuò parecchie scorribande in Atlantico catturando alcuni brigantini inglesi e alcune altre unità mercantili compresa una corvetta da 20 cannoni, la Alert, che si arrese solo dopo 8 minuti di combattimento ravvicinato. 

   La Essex infatti fu la prima nave da guerra americana a catturare una unità da guerra inglese. 

   Porter dopo queste azioni vittoriose, riuscì ad eludere il blocco inglese e nel settembre dello stesso anno rientrò nella baia di Delawuare per i consueti rifornimenti.

   Il mese successivo il capitano Porter ebbe l’ordine di predisporre la Essex per una lunga spedizione. Il 28 Ottobre ricevette quindi l’ordine di salpare e dirigersi verso le isole di capo Verde e di proseguire poi nell’Atlantico meridionale, verso le coste del Brasile, per unirsi alla squadra del capitano Bainbridge.

   Luogo del randez-voux, cabo Frio a est di Rio de Janeiro. Da quel punto le unità erano libere di intercettare qualunque naviglio inglese nel tentativo di stroncare il traffico commerciale.

   Porter giunse al punto di incontro ma non trovò nessuna squadra ne tanto meno notizie che lo riguardassero,  decise allora di spingersi nel pacifico per catturare quanto più possibile navi mercantili inglesi.

   La Essex prima di avventurarsi nel lungo viaggio fece scalo all’isola di Santa Caterina per approvvigionarsi di viveri freschi, e stivare quante più scorte era possibile comprese anche le scorte d’acqua. Quando fu tutto pronto Porter fece vela lungo le coste dell'america del sud, oltrepassò lo stretto di Maire e doppio il Capo Horn dirigendosi poi verso nord. Il viaggio di trasferimento non fu cosa facile, la Essex incappò in una serie di tempeste e arrivò piuttosto malconcia a Valparaiso. Gli americani furono accolti con molta cordialità e finalmente l’equipaggio poté riposarsi. Una volta riparate le avarie e imbarcati gli approvvigionamenti, la Essex riprese il mare e di diresse al largo verso le zone della caccia alle balene dove catturò alcune baleniere inglesi, si diresse poi alle isole Galapagos e qui imbarcò molti esemplari di tartarughe giganti vive che si rilevarono ottime come cibo. Nel corso della sua permanenza attorno all’arcipelago, catturò alcune altre baleniere e nel giro di soli due mesi Porter ebbe sotto il suo controllo ben 8 allettanti prede, per un ammontare di  non meno di 2 milioni di dollari, più le preziose mercanzie conservate nelle loro  stive. A questo punto decise di riorganizzare le sue forze: armò una delle baleniere catturate, l’Atlantic, con 10 cannoni da 6 Lb. e altri 10 cannoni da 18 Lb. lo ribattezzò Essex Junior, e sotto il comando del tenente Downes, la inviò quale nave di scorta, assieme ad altre cinque baleniere catturate, a Valparaiso con l’ordine di venderle. Durante la sosta a Valparaiso il tenente Downes venne così a sapere, da un corriere giunto da Buenos Aires, che le imprese della Essex erano giunte in Inghilterra e che l’Ammiragliato inglese, aveva spedito nel pacifico tre navi con l’intento di intercettare la Essex e di sopprimerla. 

   Downes non perse tempo, ripartì immediatamente con la Essex Junior alla ricerca di Porter per metterlo sull’avviso. Porter intanto continuava a dare la caccia alle baleniere catturandone altre tre. Decise allora di spedirne una, la Charlton, a Rio con a bordo un certo numero di prigionieri inglesi, nel contempo spedì anche la Georgiana, un’altra baleniera carica di olio di balena,  verso i lidi americani. Ritornato alle Galapagos apprese da Downes che gli inglesi lo stavano cercando, decise allora di dirigersi con la sua piccola flotta alle isole Marchesi per concedere un giusto riposo al suo equipaggio, ma soprattutto anche perché la Essex aveva bisogno di essere riparata e ripulita dai topi.

   A Nuka Hiva  la nave fu svuotata e portata in secco dove la carena fu ripulita ad opera degli indigeni, mentre l’equipaggio,  con dei fuochi opportunamente accesi nelle stive, riuscì a debellare non meno di 1500 tipastri che infestavano la nave mangiandosi le provviste. Dopo un lungo periodo di svago sfrenato, Porter ripartì dalla Marchesi alla volta dell’isola di Mocha per rifornirsi di cibo fresco e acqua prima di riavviarsi nella via del ritorno.

   A questo punto della storia, non si capisce bene perché Porter abbia voluto dirigersi a Valparaiso anziché rientrare negli Stati Uniti; la sua impresa rappresentava quanto di meglio in quelle acque si potesse fare, umiliando l’orgoglio inglese e arrecando un danno economico di ingente entità. (foto 21)

   Eppure Porter si diresse a Valparaiso e vi sostò cinque giorni. Forse egli voleva chiudere in bellezza la sua già eroica missione, incontrando proprio quelle navi che gli stavano dando la caccia.

   Il triste epilogo di questa storia ci riporta alle vicende della battaglia combattuta al largo delle coste cilene, che videro la Essex battersi contemporaneamente contro due unità britanniche in condizioni oltremodo disagiate per la impossibilità di poter manovrare, a causa della perdita dell’albero di maestra dovuta ad  una furiosa tempesta che malauguratamente la investì prima della battaglia.

    Le previsioni di Porter nel non potersi battere adeguatamente mantenendosi a debita distanza si avverarono, ciò nonostante Porter si batté con vigore al meglio delle sue possibilità.

   Certo alla fine gli inglesi vinsero, ma il comandante della Phoebe, il capitano James Hillyar, elogiò Porter e i suoi uomini per come avevano saputo difendere la loro nave e l’onore le loro insegne. (foto 16 bis)

   Porter con solo ¼ degli uomini con cui era partito 21 mesi prima, fece ritorno in patria e fu festeggiato per la sua impresa,  più di quanto gli stessi inglesi non avessero pianto di rabbia per le perdite subite.

 

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