I Vascelli da guerra  

a cura di Alessandro BELLOTTO

 

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  L'incendio di Londra

    Come si è potuto appurare dalla storia: la continua evoluzione di questo tipo di unità e il connubio nave cannone, aveva oramai assunto dimensioni tali da poter compiere aspri combattimenti, non solo tenendosi a debita distanza dall'avversario, ma che con tale deterrente, si poteva trasferire la propria aggressività direttamente sul suolo nemico. Holmes, con la sua precedente spedizione nelle Americhe e non da meno, con le sue attuali scorribande, lo aveva già dimostrato, ciò non di meno faranno gli olandesi più tardi.

     Ebbene, alcune settimane dopo la sfortunata battaglia di san Giacomo, de Ruyter, riprese nuovamente il mare con la flotta completamente rinnovata. Ma questa volta senza Trump, che nelle controversie ebbe la peggio e fu radiato dai ranghi. Comunque, sul finire di quell'estate e con l'autunno alle porte, nonostante la volontà di agire, le due flotte non si incontrarono subito ma più tardi, a ridosso della costa francese, senonché, le loro azioni furono interrotte da una violenta burrasca che costrinse entrambi i loro comandanti a impartire l'ordine di riparare in porto. Gli inglesi si rifugiarono a Portsmouth e gli olandesi a Dunkerque.

     A questo punto della storia però, nel 1666, si verificò quello che molti interpretarono come un segno del sommo Onnipotente: Londra stava bruciando. Già l'anno precedente la peste aveva imperversato brutalmente sulla città ed ora, ecco le fiamme. Fu una catastrofe. L'incendio divampò e si estese così rapidamente, che qualsiasi intervento fu vano. Non servì nemmeno l'abbattere interi quartieri che servissero da taglia fiamme. L'estate torrida aveva rinsecchito ogni cosa al punto che bastava il calore a provocarne l'autocombustione. I tetti di paglia imbevuto di catrame per renderli impermeabili, servì da conduttore all'azione del fuoco che dilagava a vista d'occhio. La City bruciò ininterrottamente per quattro giorni, causando oltre 4000 vittime, senza contare che andarono distrutti: la biblioteca cittadina, ospedali, 87 chiese, 44 sedi commerciali delle compagnie di navigazione, il Municipio, la borsa e le sedi Doganali, insomma: l'intero cuore commerciale. In termini economici, rapportato ai dati dell'epoca, i danni ammontarono a circa 10 milioni di sterline, oltre s'intende, al debito accumulato dalle due guerre contro l'Olanda. Inutile descrivere la disperazione che circolava tra i londinesi, alla quale si aggiunse quella del re, che per quanto, si prodigò personalmente a piene mani trasportando secchi d'acqua e sospingendo le pompe antincendio, senza sosta e senza risparmiarsi, al fianco dei propri adepti: fu un fatto piuttosto insolito, ma che sottolinea il modo furibondo e violento con il quale si propagavano le fiamme sospinte dal vento. Tutto fu vano. Ogni sforzo servì a poco o nulla. Già di per sé il conflitto aveva provocato una crisi finanziaria quasi  insanabile, ed ora, questa immane catastrofe minacciava senza meno di portare l'Inghilterra sulla bancarotta e in tutto questo sfacelo, inutile sottolinearlo, andarono distrutti anche tutti i magazzini dei fornitori navali. Tutti i depositi di olio combustibile, dei canapi, del carbone e del legname accatastati lungo i moli, andarono distrutti. Non si trattava di una semplice calamità, ma di tutto un'insieme di valori che erano andati in fumo.

     Molti tentarono di individuare la causa riconducendola a certi loschi individui, che qualcuno credeva di aver visto aggirarsi nei paraggi di non si sa bene quale quartiere; altri lo attribuivano a un sabotaggio messo in atto dagli olandesi, in fine, qualcun altro sottolineò persino che tale viltà, era da attribuirsi ai papisti francesi, spinti da un atavico risentimento religioso. Ma dagli annali delle storia, sembra che l'incendio fosse di origine tutto fuorché dolosa, sembra infatti che la scintilla fosse scaturita da un camino di fornaio che resosi incandescente, abbia appiccato il fuoco alla paglia del tetto, da qui a propagarsi, la cosa fu semplice e rapida. Nessuno mai, in quella Domenica del 2 Settembre, avrebbe immaginato che quel semplice falò si sarebbe trasformato in qualcosa di terrificante.

    Sull'onda del misfatto, il Parlamento, sollecitato dal re, era incapace di trovare una qual soluzione per rifinanziare la Marina da Guerra, oltretutto, le speranze del re di ottenere dei prestiti dai banchieri e dai mercanti di Londra, sfumarono sulle ceneri della city, che, fra le altre cose, continuarono a mantenersi attive sotto le macerie per dei mesi. Dunque, quando si raschia il fondo del barile, si va sempre alla ricerca di raggranellare ovunque quel che si può e come in tutte le cose, da sempre, si ricorre a nuove tasse. Certamente non a carico dei londinesi. E allora dove? La sola proposta che il Parlamento accettò di approvare, fu quella di aumentare in percentuale le imposte, a tutti i cittadini del regno, sul numero dei camini delle case in loro possesso, moltiplicato tale valore, per otto anni, ed esonerando i proprietari delle case dall'avere altri obblighi verso lo stato. Ma per attuare questa misura, occorreva comunque un certo tempo, per di più, sia i fornitori e sopratutto gli equipaggi della regia Marina, reclamavano oramai da tempo il giusto compenso infatti: da oltre un anno ai fornitori non venivano pagate le cambiali e gli equipaggi non ricevevano i loro salari e chi aveva famiglia, era preoccupato di dover sfamare i propri cari.

     Al re, non rimase altro da fare che mettere in disarmo le navi e congedare i marinai e quelli che ancora rimasero in servizio, cominciarono a rumoreggiare. Non si trattava di ammutinamento, ma di una ribellione in segno di protesta. Se fossero stati chiamati a navigare, dovevano prima essere pagati. Insomma: a Marina inglese e non solo lei, era arrivata alla resa dei conti.

 

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