I Vascelli da guerra  

a cura di Alessandro BELLOTTO

 

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Connubio nave cannone

   A quanto sembra, gli storici ci tramandano che fu un certo James Baker, che trovò una soluzione ottimale e quanto mai originale per risolvere il problema, installando dei cannoni a bordo di una nave senza creare troppi problemi alla stabilità. Già in precedenza erano stati piazzati in coperta dei cannoncini di piccolo calibro, ma si era visto che il loro effetto era insufficiente e soprattutto, creavano dei seri problemi di equilibrio. Questa nuova idea quindi consisteva nel piazzare i cannoni sotto coperta praticando dei fori lungo la fiancata da cui poter sparare, naturalmente i fori da cui sporgevano i cannoni erano rotondi come le bocche da fuoco ed erano muniti di portelli esterni che venivano chiusi durante la navigazione.

   Una fra le prime navi dell’epoca che adottarono questa nuova soluzione fu senz’altro lo Henry Grace à Dieu, nave ammiraglia di Enrico VIII°, ribattezzata più tardi Great Harry (foto 01) di 1000 Tonnellate, varata nel 1514, una tra le più celebri navi che sperimentò con successo lo sposalizio del cannone con la vela. L’idea piacque molto al sovrano il quale ordinò subito la costruzione di altrettanti esemplari.

  Come tutte le invenzioni però, per quanto geniali fossero, agli inizi, prima di ottimizzarne l’uso, comportarono degli errori e molti disastri. Nel 1545, al largo di Portsmouth, durante una manovra per sventare un attacco di navi francesi il, Mary Rose, (gemella del Great Harry) si lanciò all’attacco, il suo comandante però, lasciò i portelli dei cannoni aperti e non appena la nave si inclinò a causa del vento, si allagò proprio attraverso queste inopportune aperture e affondò rapidamente con quasi tutto l’equipaggio, proprio sotto gli occhi increduli di Enrico VIII° e di tutta la Corte.

   Certo l’idea di sistemare i cannoni sotto coperta era senz’altro buona, ma questi ultimi erano stati collocati troppo in basso, a soli 40 cm. dalla linea di galleggiamento, questo insegnò che bisognava collocarli più in alto e rinunciare ai castelli di prora e di poppa. Questa nuova risoluzione avrebbe portato ad un tipo di nave costruttivamente diversa, più snella nella forma e più bassa rispetto il galleggiamento, ciò avrebbe conferito una maggior velocità oltre ad una manovrabilità di più facile impiego.

   Fu sir John Hawkins, a concepire l’idea che si poteva combattere a distanza colpendo il nemico con dei  micidiali cannoni, evitando così i combattimenti ravvicinati e gli arrembaggi. Certo una bordata ben assestata al bagnasciuga della nave nemica poteva ottenere un effetto davvero micidiale. Così fu la volta del Revenge, un veliero che rappresentò uno strumento di guerra dove fu introdotta per la prima volta questa nuova tecnica combattiva, che avrebbe rivoluzionato completamente la funzione e la condizione formale dei marinai. Scomparve così la presenza dei soldati, unici responsabili dei combattimenti, cosicché, dal quel momento, ogni successo o insuccesso dipendeva solamente dalla perizia del Comandante e dall’abilità dell’equipaggio… di contro, la diminuzione del numero di persone comportava più spazio vitale e una diminuzione sugli oneri per gli approvvigionamenti. 

   La validità dei nuovi velieri venne messa alla prova proprio contro l’armada spagnola, nel 1588, la quale comprendeva tutte navi di vecchia congettura che furono superate sia in velocità che in manovrabilità e dove non venne concesso loro, nessuna possibilità di arrembaggio. Ma una cosa emerse a carico della flotta inglese: la scarsa operatività messa in atto dalla flotta. Pur vincente, risultò essere come limitata nel suo impiego globale infatti, quando fu sferrato l’attacco al largo di Calais, ogni Comandante scelse a caso un singolo avversario, si sviluppò così una colossale mischia e il risultato sarebbe stato sicuramente migliore se, a monte, fosse stato pianificato da parte dell’alto Comando, un piano di attacco.

 

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