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Alessandro F. Kineith

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   Alessandro  F.  Kineith

 

“La donna del confine”

 

romanzo

 

dipinto olio su tela  (Niagara Folls 1894) di Ivan Aivazovsky (1817 – 1900)

 

Avventure sui mari

(Vol. VIII°)

 Edizione 2019

 

  

La collina dei ricordi

Non vi è luogo al mondo in cui il pensiero di un uomo possa spaziare all’infinito come nella propria mente, dove i ricordi reconditi e lontani, sono scrupolosamente archiviati secondo la cronologia del tempo e di quando in quando affiorano, come attimi fuggenti e fanno rivivere realtà vissute come fossero frammenti di storia, ma inequivocabilmente legate alle vicissitudini del genere umano, che da sempre popola il globo terracqueo. Il crogiolo che raccoglie e miscela i ricordi di generazioni di esseri, nella sua sconfinata capienza setaccia un’infinità di parole atte a raccontare la vita di ciascun essere o di popoli e le pone alla portata di chi vuol conoscere antiche vicende di appassionati amori, di conflitti, di conquiste, di passioni, di leggende  e/o di immani sconfitte segnate da infinite amarezze. Il mare delle conoscenze è sempre in continuo movimento e l’immaginazione, anch’essa fervente, è sempre all’erta e raramente si placca nella sua sconfinata evoluzione sin dagli antichi albori dell’umanità. L’alba, da che mondo è mondo è sempre stata tinteggiata di rosa e sempre lo sarà sino alla fine dei tempi, come il vermiglio espandersi dei raggi del sole al tramonto d’ogni dì, avviluppa interminabili cicli temporali con l’affanno di chi osserva i quotidiani paradigmi della vita.. come le vicende di cui voglio raccontarvi, ambientate in un territorio fra i più suggestivi del mondo, vasto, selvaggio e affascinane, in cui si sono avvicendate molteplici azioni dai risvolti inverosimili. Se solo pensiamo quanti popoli e quante vite vi sono state coinvolte, le descrizioni di coloro che le hanno vissute rappresentano un chiaro esempio di uno dei tanti apogei dal genere umano; chiunque si sia avventurato in quei declivi disseminati a perdita d’occhio nello Stato del Canada denominato (penisola del Niagara), ha contribuito a creare la storia; chiunque abbia sostato tra quei boschi, pagaiato sui fiumi tumultuosi, attraversato laghi e combattuto guerre, rappresenta la sublimità umana. Ma prima di avventurarsi in questa storia, è bene spendere qualche parola per descriverne la natura selvaggia di quei luoghi e di come siano apparsi agli occhi dei primi esploratori.

 Ebbene: nell’America settentrionale all’epoca ancora misconosciuta, che si estende fra i confini del Canada e Stati Uniti, si trova la zona dei gradi Laghi, la cui suddivisione territoriale ha vissuto il coinvolgimento di entrambi gli Stati che nei secoli passati hanno condiviso molteplici traversie socio politiche e il sanguinoso travaglio delle guerre; una sorta di battaglie che si potrebbero definire intestine, poiché di gran lunga i loro interpreti avevano le medesime origini: l’Europa. I nuovi conquistatori quindi, sospinti da bramosie di conquista, da sollecitazioni e controversie che sembravano insormontabili, qui si diedero battaglia, e, malgrado loro, coinvolsero i popoli precolombiani che da sempre vivevano in piena libertà secondo le tribali abitudini, avulsi dall’egemonica modernizzazione che imponesse loro un nuovo sistema di vita o l’annientamento.  La zona dei grandi laghi nell’America del nord, è lo straordinario effetto derivato dallo scioglimento di una enorme, per non dire sconfinata massa di ghiaccio che, dopo lo scioglimento, dette vita all’estensione del grande lago Superiore dal quale inevitabilmente si formò un fiume impetuoso dovuto al dislivello del terreno: il Niagara, che nello scorrimento delle sue acque transita attraverso due importanti invasi, cioè a dire: il lago Erie e il lago Ontario e nell’intermezzo, dato il mutamento morfologico del terreno si sono create le cascate del Niagara. Questo nome, Niagara, ha origine da un antico termine in lingua Irochese (Onguiaahra) che significa acque tonanti.

A tal proposito è doveroso che io vi riporti un’antica leggenda del luogo che gli antichi sciamani si sono tramandati per secoli, ed è la storia di una ragazza di nome Lelawala obbligata dal padre a sposarsi con un guerriero della sua tribù, che però lei disprezzava. La bella squaw piuttosto che obbedire al padre scelse di sacrificare la sua vita e il suo vero amore al dio Tuono, He-No, che dimorava dentro le caverne delle cascate a ferro di cavallo, cosicché rubò una canoa e pagaiò sulle turbolente acque del fiume Niagara sino a precipitare dal bordo delle cascate; ma destino volle che mentre precipitava He-No la raccolse e i loro spiriti, secondo la leggenda, da allora vivono uniti per l’eternità nel cosiddetto santuario del dio Tuono sotto le cascate. Fu così che la bella squaw divenne la gran dama della nebbia per via del vapore d’acqua che si eleva dal fondo delle cascate quando si tuffano nel letto del fiume sottostante.

Ecco dunque uno fra i tanti scenari in cui s’insediarono gli europei e dove si sono sviluppati i primi villaggi e i successivi agglomerati urbani in cui dei liberi pensatori e gli intellettuali dell’epoca hanno dato vita agli Stati e le menti della politica, hanno suffragato la nascita dei Governi.

Tutto sommato, possiamo affermare che questo discorso, che descrive l’evoluzione sociale e le nuove dottrine che ne facevano parte, sia fin troppo semplicistico, altrimenti fosse, occorrerebbero anni e innumerevoli pagine per evidenziare ciò che è maturato in secoli di avvenimenti. Ciò che interessa ai moderni lettori, è sapere che lungo le rive di quel fiume ebbe origine una saga di conquistatori, più avventurieri che altro, ma comunque uomini votati a risiedere ad ogni costo nel territorio, certi di una benevolenza divina che forniva loro un valido motivo per soverchiare i nativi; ma non è su questo che la descrizione della nostra storia si articolerà, bensì vi condurrà attraverso i conflitti fra due opposte sovranità, certe ognuna delle proprie  volontà, ragionevoli o irragionevoli, ma che hanno contribuito a scrivere pagine su pagine di vicissitudini aldilà di ogni ragguardevole ragione.

 

 

Capitolo primo

  

Uno degli approdi sorti lungo il fiume San Lorenzo, emissario del lago Ontario, era il villaggio di William Henry Donovan, situato sulla sponda destra del grande fiume in prossimità di una penisola che si propagava verso il placido scorrere delle acque e divenuto più tardi, uno dei tanti punti per lo smistamento delle pellicce; il piccolo borgo era così chiamato per l’insediamento di una famiglia scozzese che fu la prima a insediarsi nel territorio e costruire un piccolo porticciolo adatto agli scambi.

Donovan era il capostipite di un’antica famiglia di origine scozzese e per generazioni la sua nobile casata era sempre stata contraria alle politiche di Londra, non fosse che per gli antichi soprusi imposti dal sovrano, come le eccessive tasse o i privilegi dovuti al signore feudale, specie nel caso dello (ius primae noctis).

Non ci è dato sapere se quest’ultima voce trovasse una reale applicazione, tuttavia era una di quelle veemenze psicologiche poste in essere dai signori per soggiogare i servi della gleba. Fu così che tutti loro, appartenenti al Clan Donovan, decisero di espatriare nel Nuovo Mondo, nella convinzione di trovare un luogo in cui rifondare le radici e gettare nuove basi esistenziali per sé e per i futuri discendenti. Quel che indusse Henry Donovan a trasferirsi nelle Americhe lasciando la sua amata terra al divenire di altri destini, fu quando, non si sa attraverso quali fonti ne ebbe conoscenza, lesse gli scritti di un certo Samuel de Champlain in cui descriveva il territorio del Nord America, specie la zona dei grandi laghi e in particolar modo, la facilità con cui si potevano instaurare dei traffici commerciali con i nativi, chiamati indiani, specie nel commercio delle pellicce, che secondo il parere di Samuel de Champlain, sembrava essere molto remunerativo. Fu così che Donovan vendette tutti i suoi averi e pensò di impiegare il ricavato nel nuovo mondo per avviare una nuova attività. Dieci anni dopo, con un po’ di fortuna e lungimiranza era riuscito a mettere a frutto l’idea che a suo tempo si era costruita nella mente, fondando una piccola compagnia: la Donovan e C. che, oltre al commercio, conciava anche le pelli con la collaborazione dei suoi due figli, Thomas e Andrew, rispettivamente di quindici e diciotto anni e con la tenacia di Corinne, la figlia, bella e fascinosa con due occhi neri come il carbone che andava sempre in giro scalza o semmai indossando dei mocassini molto leggeri.

 

“Assomigli sempre più a tua madre” diceva spesso Henry Donovan rivolto alla figlia, “ma non devi stare troppo al contatto con questa gente.. dopotutto sono dei selvaggi” sosteneva, anche se con poca convinzione.

 

Non fu cosa facile organizzarsi e vincere le ostilità dei bianchi che si aggiravano nel territorio prima del suo arrivo, soprattutto per la concorrenza dei currier du bois, ma con la forza d’animo e alcune volte con l’ausilio delle armi riuscì a imporsi. Quello che Donovan aveva realizzato, non era solamente un centro di smistamento delle pelli che gruppi di indiani barattavano con lui in cambio di altre mercanzie; Donovan aveva creato anche un piccolo insediamento associandolo ad un emporio gestito dalla moglie. Caroline, oltre che energica, era una brava cuoca e quando si presentava l’occasione cucinava degli ottimi stufati di cervo che Donovan abilmente cacciava. Pian piano la voce di questa sua arte culinaria si sparse nei dintorni e i contrabbandieri di passaggio, ovviamente, degustavano con immenso piacere i suoi cibi, oltre modo perché di quando in quando sbirciavano il balconcino che la donna esibiva orgogliosamente quando serviva loro le cibarie.

  

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