I Leggendari Clipper

a cura di Alessandro BELLOTTO

Lo scorbuto

   Anche se i tempi di percorrenza delle traversate dei Clipper risultavano essere sicuramente inferiori rispetto la media di una qualunque nave mercantile e/o anche militare, ciò non  sempre significava che i marinai imbarcati fossero immuni da certe problematiche della vita di bordo.  Alcuni di questi annosi problemi che, all'epoca della navigazione a vela, affliggevano  i marinai erano sostanzialmente tre; primo: la mancanza di vivande fresche; secondo: la possibilità di non potersi lavare con acqua dolce per lungo tempo; terzo: la mancanza di poter bere acqua fresca e pulita a sufficienza. Vi erano anche altri disagi che cesellavano la vita di chi navigava per mesi, ma potevano tranquillamente considerarsi di secondo ordine. Bisogna osservare che fra le tre principali, la più tormentosa era senza dubbio la prima, infatti: la mancanza di cibi freschi come la verdura e frutta,  poteva ad una singolare malattia conosciuta col nome di "scorbuto". Bisogna considerare che per una lunga conservazione dei cibi, cosa non facile a quei tempi, non vi erano certo le comodità di oggi, ad esempio:  la carne, prima veniva essicata e poi era posta sotto sale; oppure i legumi, erano anch'essi essicati; oppure ancora il pesce, a volte veniva affumicato e poi posto sotto sale. La dieta dei marinai non era variegata ma bensì monotona e povera di vitamine.  Lo scorbuto infatti è una malattia tediosa e subdola che di gran lunga colpisce chi per lunghi periodi è costretto a cibarsi unicamente dei medesimi cibi conservati, questa si manifesta sopratutto per la assoluta carenza di vitamina "C". Al principio vi è una diminuzione di peso, seguita da malumore, stanchezza, insonnia, depressione psichica e dopo alcune settimane,  due o tre, appaiono delle echimosi  cutanee o sottocutanee; si manifestano dei processi flogistici sopratutto a carico del cavo orale e alle gengive associate a mal di denti; si manifestano poi sulla cute delle eruzioni erpetiche molto estese. A lungo andare, se non si corre ai ripari, si possono avere delle alterazioni delle cartilagini articolari che ostacolano progressivamente i movimenti.  E pensare che, in mancanza d'altro, bastava ingerire piccole quantità di succo d'arancia o di limone. Tutte cose, ovviamente, che non erano certo reperibili a bordo. Il Cap. Cook, tanto per citare un personaggio che ha cercato di arginare questa malattia, usò a suo modo alcuni espedienti del tipo: fare obbligo all'equipaggio di  mangiare del finocchio selvatico o di fare bollire la carne prima di mangiarla e immergere le gallette secche nel brodo. Ma non era solo l'alimentazione ad essere deleteria per la vita di bordo, anche l'ambiente in cui il marinaio viveva era importante, così come era importante l'igiene personale. Sotto i boccaporti delle navi i locali erano angusti e l'aria che vi si respirava era puzzolente e malsana, così, citando sempre il cap. Cook, egli obbligava i suoi marinai a lavarsi spesso, anche se pur con acqua di mare, e non appena le condizioni del mare lo consentiva,  faceva sistemare nei locali sottocoperta dei braceri accesi tenendo tutti i boccaporti aperti, questo sistema consentiva di attivare una certa circolazione d'aria nei locali. Il Cap. Cook non risolse completamente questi problemi esistenziali, ma certamente migliorò la qualità della vita a bordo della sua nave. Là dove la logistica lo rendeva possibile, nella zona di poppa, si cercava in qualche modo di coltivare della verdura, ma con scarsi risultati...non a caso questa estrema parte della nave prende il nome di giardinetto. Non certo per coltivare fiori.

 

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