I Leggendari Clipper

a cura di Alessandro BELLOTTO

La guerra dell’oppio

   Quando si dice: "questa è democrazia"! Dunque se questo è il termine primo su cui si basa il principio di libertà, è altrettanto vero che,  per antonomasia, questo principio fa capo al confine plurimo che lega tutti i simili in alternanza al limite del principio stesso, cioè a dire: la propria libertà incomincia là dove termina la libertà altrui e viceversa. E’ un confine sottile ma se ben definito e giustamente contrastato, rappresenta le verità in cui vive l’essere umano...ciò premesso, veniamo alla storia e a quello che ci tramanda. 

   Nelle pianure del Bengala in India, allora possedimento Inglese, venivano coltivate estese piantagioni di papavero bianco ( paper sumniferun) dal quale si estraeva l’oppio. A risalire dopo la metà del XVII secolo, la compagnia delle indie, cominciò a commerciare la potente droga esportandola in Cina. Questa spregevole sostanza nel giro di una sessantina di anni prostrò la Cina verso un oblio sempre maggiore, quasi un baratro senza fondo; basti pensare che il debito annuo, dovuto alla perversa richiesta, superava di almeno tre milioni di dollari rispetto ai  profitti dell’intera esportazione di tè. Nelle fumerie (foto 06) la gente se ne stava sdraiata a fumare beatamente inebetita riducendosi in larve umane. Era divenuta una vera e propria piaga che si era espansa in tutto il paese. L'importazione di oppio aumentò progressivamente da 120 Tonnellate nel 1800 sino a 2400 nel 1838. Non mancarono certo editti e sanzioni sia contro il commercio sia contro gli spacciatori, ma non servì a molto, l'interesse economico della compagnia delle indie era talmente elevato che queste restrizioni portarono al contrabbando. Un lontano giorno del 1839 un alto funzionario cinese incollerito dal rifiuto britannico di interrompere questo redditizio traffico, ordinò di distruggere tutti i depositi di oppio. Nacquero dei tafferugli che inevitabilmente degenerarono in una sorta di guerriglia che provocò l'intervento della Gran Bretagna. Le ostilità si protrassero per circa due anni. Sfortunatamente le povere e inadeguate giunche cinesi non erano in grado di far fronte alla navi da guerra britanniche, ne la Cina era in grado di fronteggiare le truppe inglesi che sbarcarono lungo la costa occupando da prima Canton e Shanghai, cosicché alla fine,  la Cina fu costretta a chiede l’armistizio. Nel 1842 fu firmato a Nanchino un trattato a dir poco umiliante che sanciva la libera ripresa del traffico di oppio ed inoltre, conferiva agli inglesi residenti delle concessioni terriere e per di più, non sarebbero stati soggetti ad alcuna giurisdizione cinese. Il medesimo trattato inoltre cedeva la città di Hong Kong all’Inghilterra e autorizzava l’apertura di altri cinque porti ai traffici stranieri. Non poteva incombere su una Cina debole e indifesa, un capestro peggiore, e gli Inglesi, mantennero democraticamente uno stretto controllo sul traffico dell’oppio sino alle soglie del recente passato (fino al 1915). Questa guerra con la Cina per il controllo dell’oppio, in sintesi fu sicuramente una guerra sporca.  Thomas Harnold, pedagogo inglese, la definì talmente perversa da doversi considerare un grave peccato di assolutismo.

 

Le circostanze